Le esperienze di contagio hanno da sempre terrorizzato le popolazioni, seminando il pregiudizio e la ghettizzazione

«Il timore del contagio del Covid-19 ha provocato diversi scontri, impaurendo alcuni gruppi della popolazione e incutendo timore e senso di segregazione tra di essi»

Le diverse pandemie che si sono sviluppate nella storia nell’evolversi dell’umanità e le esperienze della paura del contagio hanno da sempre terrorizzato le popolazioni. Una paura che si converte in una minaccia e si deve allora correre ai ripari, cercando di sfuggire al pregiudizio del “tutti sono uguali”. La segregazione si trasforma nel dare la colpa agli altri, e azioni incolpevoli producono ghettizzazione. Appunto i fatti accaduti in questi mesi hanno dato origine ad un nuovo fenomeno antropologico anche più grave della malattia stessa; la paura dei contagi e della propagazione della malattia hanno addossato la colpa sui cittadini dei luoghi dove ebbe inizio la malattia: una giustificazione, soddisfacente per noi, nel considerarli colpevoli, scatenando discriminazioni al punto tale di farli sentire invisibili e confermando fermamente la nostra indifferenza verso di loro, che divengono così i capri espiatori, qualcuno con cui prendersela, colpevoli di tutti i mali possibili. Tutto ciò per dare un senso alle nostre paure, alle nostre insicurezze e per essere tranquilli, ma sapendo che il focolaio era così lontano e irraggiungibile, e che era impossibile avere fra di noi il Covid; agli inizi guardavamo con sospetto le persone dai tratti asiatici che sono tra di noi, pensando che chiunque tra loro potesse essere l’untore: quindi ‘caccia ai cinesi’, sì, perché il virus nacque in Wuhan e non negli individui.

La Sinofobia1 ha le sue radici nell’evolversi dell’umanità e consiste nell’avversione per un’intera popolazione, un’intera cultura: il riferimento è all’Asia, e in particolare alla Cina, dove ebbe inizio la pandemia: ci ricordiamo i fatti accaduti ad esempio in Italia nei confronti dei cittadini cinesi, atti di esagerato distanziamento nelle strade, o quando si incrociava una persona che aveva gli occhi a mandorla, poteva essere dell’Oceania, dello Sri Lanka, dell’Indonesia, ma non importava. La paura fece le sue stragi nell’economia Cinese all’interno dei vari Paesi; inoltre molti cittadini non frequentavano più i ristoranti cinesi, che piano piano chiudevano, mostrando il disagio espresso attraverso varie campagne di rifiuto come propagatori della malattia (untori). Tuttora sussiste questo dissenso nei loro confronti, comportando danni per l’economia nei diversi Paesi dove i cinesi svolgono le loro attività.

Il prolungato disinteresse del presidente degli Stati Uniti d’America rispetto alla minaccia della pandemia ha creato molto più disagi che soluzioni nel contenimento della malattia, soprattutto per le incoerenti decisioni e le esternazioni, che hanno avuto effetti devastanti. La comunità più colpita dalla disoccupazione è la comunità degli afro-discendenti, producendosi così conflitti: attualmente ci sono atti di violenza discriminatoria contro di loro, ai quali si sommano le proteste nelle diverse città americane. Inoltre, a molti di loro è sembrato che parte di quel disinteresse fosse dovuto al fatto che la maggioranza dei contagiati è composta dalla popolazione afroamericana. È sempre il povero, l’emarginato a pagare anche con la vita, aggravando così le conseguenze e creandosi ulteriori criticità. 

La crisi nei rapporti fra le popolazioni bianche ed afrodiscendenti continua anche a distanza di molto tempo dalla guerra che portò alla liberazione di migliaia di afrodiscendenti. Queste popolazioni non sono riuscite ancora a liberarsi dalla grande discriminazione che tuttora persiste a danno delle persone di colore. Negli Stati Uniti la separazione è molto forte: da una parte c’è la classe ricca che vive nei quartieri esclusivi, preoccupata della situazione del contagio e soprattutto dal fatto che i neri possano venire a vivere o a lavorare nei quartieri ricchi, dove predomina il pensiero “se è nero è ladro, pigro e non si può fare affidamento su di lui”.

Esistono timori di una seconda ondata di contagi da Covid-19, dopo le riaperture di vari Stati della Confederazione, e dopo i massicci raduni contro la violenza della polizia e il razzismo che hanno avuto luogo nelle ultime settimane negli Stati Unite e le conseguenti proteste in tutto il mondo. Le dichiarazioni dell’economista responsabile della Casa Bianca sono preoccupanti: “Ci vogliono regole serie e uguali per tutti gli Stati, creando confinamenti fra gli Stati”.

Il sogno americano non esiste più. Le dichiarazioni del Governatore della Florida, De Santis, hanno fortemente sorpreso parte dei suoi concittadini. Infatti, le dichiarazioni sull’aumento dei contagiati dal Covid nella città sono dovute alle comunità che lavorano nel settore agricolo: «Ogni giorno i lavoratori impiegati nella raccolta di prodotti agricoli viaggiano verso la Contea di Palm Beach e altri luoghi nelle zone adiacenti affollando l’autobus come “sardine” e spandendo il contagio nella zona. Questi lavoratori sono in maggioranza di origine latinoamericana». Il sindacato dei lavoratori agricoli è immediatamente intervenuto chiedendo al Governatore di rettificare le sue dichiarazioni, discriminatorie nei confronti dei latini. Tuttora i contagi in Texas e in California; la Florida è lo Stato con il maggior numero di contagiati, e il virus continua a espandersi in altri Stati. L’indice di contagio aumenta: il record è in Texas, dove l’età media del contagio si è abbassata da 38 a 24 anni.

  1. Sinofobia: sentimento anti-cinesi; avversione verso le persone di etnia cinese; azioni contro l’etnia asiatica.

Elva Collao

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