Ecco il perché degli occhi a mandorla di moltissimi peruviani, meticci, miscuglio di diverse popolazioni immigrate nel passato in Perù

Generazioni di discendenti sono all’origine delle diversità dei peruviani: rossi, bianchi, gialli, neri, viola. Diversità che ci hanno permesso una coesistenza variopinta, influenzata dalle diverse etnie arrivate nei territori del Perù. Cioè: «chi non ha di Ingo ha di mandingo».  Non è consueto chiedere come si autodefiniscono gli stessi figli di immigrati, tenendo conto delle loro discendenze. In merito a ciò, a un bambino i cui genitori erano discendenti dall’etnia cinese fu chiesto che cosa si sentisse di essere realmente, cinese o peruviano. E lui rispose: “Io non ho da scegliere se sono cinese o peruviano. Appartengo a entrambe le etnie”.

All’epoca del periodo dell’amministrazione Coloniale spagnola in Perù, a partire dall’800, l’America Latina e il Perù in particolare ebbero bisogno di manodopera. Fu l’inizio e l’origine delle migrazioni cinesi. Soprattutto i cinesi di etnia Han o Zhonhua Minzu, dopo il primo arrivo di poche persone, si stabilirono nella zona di Cañete (Sud di Lima) Barranca, Paramonga, Pativilca, Supe (zona Nord di Lima) ecc., dopo un viaggio di 120 giorni, provenienti da Macao, ex colonia portoghese. L’immigrazione divenne presto di massa; le persone viaggiavano in situazioni disperate e in pessime condizioni, a partire da quella igienico-sanitaria e alimentare; per questo motivo molte fra esse morivano, in una percentuale del 30%, prima dell’arrivo al porto del Callao. I «Coolies»1, così chiamati, costituivano la popolazione più povera dell’Impero cinese. L’allora governo decise di stipulare patti con alcuni Paesi per facilitare l’immigrazione, al fine di svolgere un’attività lavorativa, ad esempio, nelle piantagioni di zucchero in Perù e a Cuba, l’estrazione del concime, la raccolta del cotone, in Perù nella costruzione della Ferrovia Centrale, e successivamente nella costruzione del canale di Panama. La condizione di queste persone era di semi-schiavitù. 

Con lo scoppiare della «guerra del Pacifico», quando il Cile invase il Perù, moltissimi di loro rimasero senza lavoro, emigrando nelle periferie delle grandi città, e in particolare a Lima (Centro), formando così importanti assembramenti “cantonesi”. Vivevano in case di fortuna, dedicandosi alla vendita per strada di cibo tipico del loro Paese. Con il tempo diventò l’importante centro «Cantonese» che fu poi chiamato «Capon»2, per due motivi: in riferimento alla carne di maiale e in riferimento al gallo.

Con il trascorrere degli anni si creò il “quartiere Chinatown”, fondato a metà del XIX secolo, fu pesantemente danneggiato dal vandalismo “cileno”, nel corso della guerra che culminò con l’invasione del Perù da parte del Cile, venendosi così a creare una forte disoccupazione e innescando una difficile crisi economica: per queste ragioni, molte imprese non sopravvissero. Inoltre, scoppiò un’epidemia di «peste bubbonica nel quartiere dove viveva e lavorava la maggioranza della popolazione cinese», a causa delle precarie condizioni igienico-sanitarie nella zona. L’epidemia fece 40 mila morti, motivo per cui si vietò l’immigrazione cinese a partire dal 1909; questo fatto provocò l’aumento di matrimoni misti con donne e uomini peruviani. Nel 1930 l’immigrazione cinese in Perù è completamente impedita.

Oltre a ciò, la forte xenofobia creatasi nella società peruviana verso le comunità del «Dragone» produsse quale effetto il «rifiuto da parte dei cinesi residenti in Perù di sostenere i peruviani durante la guerra del pacifico». I cinesi scelsero di sostenere gli inglesi arruolandosi nell’esercito e assieme invasero Lima, intonando canzoni che inneggiavano al generale inglese Patricio Lynch (alleato dei Cileni): «il principe rosso è il salvatore». Occuparono Lima distruggendo tutto quello che trovavano. 

Ma anni dopo, con l’abrogazione del divieto di immigrazione cinese, si avviò il rinnovamento demografico e culturale del Paese, nonché il consolidamento del quartiere «cinese», che diventò una parte rappresentativa dell’élite economica peruviana. Grazie alla formazione di grandi e importanti investimenti e agli affari commerciali di import-export da Hong-Kong e dalla California, sorsero piccole imprese locali, come i moltissimi negozi di vario tipo, soprattutto alimentari, le trattorie. Le società di «Mutuo Soccorso» sorsero a partire dal 1868, in accordo con il luogo di provenienza: ad esempio, dal Guangdong rurale, Canton, Hakka, la Tonghui Chongkoc nel 1882 offriva consulenza legale, «l’assicurazione di sepoltura» e altre attività, grazie alle quali sorsero centri di cultura, scuole ecc. Oltre a ciò, si crearono i centri di preghiere: Oracoli o Templi di Guangdong al kung e altre attività e associazioni come il Tungshing. 

«Secondo i dati del censimento dell’anno 1876, il 4% della popolazione peruviana era straniera. Del totale della popolazione straniera residente in Perù nello stesso anno, il 47% era d’origine asiatica e solo il 23% d’origine europea». L’ingratitudine dei cinesi fu il motivo per cui si favorì l’immigrazione giapponese agli inizi XX secolo, così producendo un radicale cambiamento nella società peruviana»3. Secondo il censimento del 1931, quasi 20 mila persone di provenienza asiatica vivevano a Lima e al Callao, e in maggioranza erano cittadini del «Sol levante»; ossia, giapponesi.

  1. Termine di origine inglese dall’hindi – kulli, casta dell’India: sta a indicare un lavoratore indiano o cinese.
  2. ‘Capon’: fu così chiamata la zona a causa dell’attività tradizionale che i cinesi svolgevano e che consisteva nella castrazione del maiale perché aumentasse di peso e per attenuare l’odore della sua carne. In riferimento al gallo, era la zona in cui si vendevano galli castrati e allevati in casa, l’ideale per un buon sapore e per la qualità del cibo.
  3.  Le facce e le maschere. Eduardo Galeano.

Elva Collao

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