Categoria: Società

La Comunicazione digitale unisce i giovani, anche se non parlano la stessa lingua

La comunicazione dei ragazzi a livello globale non è accomunata dal parlare la stessa lingua, non ci sono i denominatori comuni, eppure quasi tutti sanno fare una cosa, utilizzare la Rete e i Videogiochi. Tutte le loro attività sono svolte senza avere una conoscenza Informatica e senza aver letto un manuale.

“Gli immigranti digitali”  L’obiettivo è superare le disuguaglianze nell’utilizzo delle reti wireless, per accogliere con fiducia le sfide del futuro

Dalle Conclusioni del “Vertice di Lisbona” i capi di stato e di governo individuarono il ruolo fondamentale dell’educazione e della formazione per la crescita e lo sviluppo economico ed invitavano il “Consiglio di Istruzione”

Per lungo tempo si è ripetuto il “mito che i nativi digitali” sono concepiti come i veri fortunati, cioè pronti a raccogliere le offerte della rete.

Oggi i ragazzi hanno fatto veloci progressi nel vasto uso del web, interagendo attraverso le connessioni e la partecipazione di massa, usufruendo delle potenzialità e dell’ampliamento della rete, con cui i ragazzi/e hanno a che fare ogni giorno. Ma la velocità con cui si connettono ai luoghi lontani hanno influenzato i comportamenti, i ragionamenti, i modi di agire nel “fare”, del “sapere” e del “sapere fare”, ecc. Oggi, per proteggerli, “prendiamo coscienza della necessità del controllo per tutelarli” dai “reali rischi del web”, decisione che si presenta come una “realtà necessaria”; ma può trasformarsi in un eccessivo controllo, impedendo l’avanzamento della conoscenza.

Le odierne tecnologie possono a volte creare disagi nei più giovani e creare gravi problemi di isolamento

Lo “sviluppo delle tecnologie” ha permesso il rapportarsi in tempi rapidi con le interazioni fra i singoli e i gruppi. I ragazzi, infatti, oltre che essere aggiornati sulle ultime scoperte in quasi tutti i campi scientifici sociali ed economici, navigano in siti incogniti e nascosti, con delle conseguenze gravissime, causando danni a volte devastanti nei giovani e nei bambini, recando molti pericoli con sé. Infatti la fragilità dei giovani li mette nelle condizioni di essere vittime del «Real time»: sono indirettamente invitati a insolite partecipazioni in rete, guidati dalle curiosità a livello globale.

I ragazzi passano moltissimo tempo davanti ai media senza fatica, annullando così le loro relazioni sociali

L’utilizzo di ampia portata della rete in maniera non adeguata è un segnale fondamentale delle situazioni difficili in cui ci troviamo: la comunicazione intergenerazionale e soprattutto la perdita dell’interesse per le cose durature. I ragazzi e giovani trovano difficoltà nei contenuti capaci di orientarli nel presente e nel progettare il loro futuro, così come rendere positivo l’incontro con gli altri. Abbandonate le strutture logico-deduttive e lineari, apprendono per “scoperta”, hanno un “ragionamento più libero”, dove prevale la modalità emozionale del momento, l’interesse per il “real-time”. L’immediatezza di recuperare informazione dalla rete e la condivisione con il gruppo sul web e sui social media fa diventare i ragazzi più fragili e dipendenti. Si tratta dei Nativi Digitali, cioè i giovani dai 13 ai 24 anni: socializzando in rete e adattandosi alle nuove tecnologie che utilizzano le diverse applicazioni in tempo reale hanno sviluppato un nuovo modo di pensare, di parlare e di comunicare.

I ricercatori, gli studiosi concordano sulle direttive di cautela ai fini di fermare il contagio di Covid-19: altrimenti diventerà ingestibile sconfiggerlo

Quello che sta succedendo adesso è che ci sono, in alcuni casi, delle ricadute nelle persone che hanno già avuto il Covid-19, e la diffusione del virus da parte delle persone asintomatiche; ma se si interrompono prima le catene di trasmissione del virus si possono fermare i contagi». Gli studi e le ricerche per combattere la pandemia odierna non si fermano, «“le prove salivari” stanno dando risultati nel controllo della diffusione

L’offesa alle donne: Le sterilizzazioni forzate delle minoranze etniche

Le pratiche mirate a migliorare la “qualità genetica” sono avviate dall’ossessione per la presunta o effettiva maggiore natalità, rispetto alle classi dominanti, che hanno messo in moto una vera e propria politica razziale in vari Paesi del mondo. Praticata molti anni prima che fosse avviata l’istituzione dei programmi dell’eugenetica nazista. Stefan Kühl ha sottolineato che gli eugenetici compresero bene le misure messe in opera dal nazionalismo intendendole come realizzazione dei loro obiettivi e delle loro richieste

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