Un sogno da realizzare, sapendo che nulla sarebbe come prima, spinta tra due tempi, di qua e di là; ma sempre in transito

Dall’analisi storica della mobilità sociale, si apprende che moltissime persone si spostarono dai luoghi d’origine alla ricerca principalmente di “lavoro”; ma si sapeva che arrivando a destinazione “nulla sarebbe come prima”. Infatti dal XVI secolo, alcuni Italiani innanzitutto liguri approfittando i legami che la Repubblica di Genova aveva con la Spagna, intrapresero i viaggi. La navigazione fu a navigazione mista: vapore e vela; il viaggio durava mesi. L’immigrazione continuò nei secoli a venire; ma molti si doverono inventare il lavoro. Per non finire in miserie si dedicarono a svariati lavori come le “pulperíe”, “emporio commerciale”, creando varie istituzioni e varie società a beneficio dei lavoratori, non solo italiani; motivo per cui crearono «Il Sindacato Unico di trabajadores del Perú», istituzioni che si moltiplicarono in tutta l’America latina.

Agli inizi XVI secolo, la instabilità economica nel contesto italiano spinsero alcuni liguri a intraprendere il viaggio verso l’America, con la promessa di una vita migliore. In quei anni la Repubblica di Genova teneva solidi legami con la repubblica Spagnola, resultando intensi i viaggi che intrapresero moltissimi genovesi attirati dalla febbre dell’oro e in contemporaneità con il boom del guano (1840 al 1880), dove molti marinai dopo avere decretato, scelsero le coste peruviane, mentre altri allentati dalla generosità dell’agricoltura furono in maggioranza la componente rurale dell’entro terra ligure, venete e del meridione italiano ossia dalla Basilicata più povera a intraprendere il viaggio attirate di altre opportunità creatasi dopo i primi arrivi stabilendosi nel variegato contesto Latinoamericano dedicandosi al commercio e alla navigazione; inizialmente il viaggio poteva significare mesi a bordo di un piroscafo a navigazione mista a vapore e vela, in moltissimi casi gli immigranti italiani persero la vita; inoltre dovevano sopportare gli spazi stretti, una nuova strana lingua, il cibo diverso ecc. Ma purtroppo dopo la crisi dell’impero spagnolo e soprattutto l’indipendenza delle colonie spagnole in Latinoamerica, aumento in maniera considerevole la presenza di immigranti italiani in Perù attirando moltissimi altri immigranti di diversi paesi, motivo per cui dovevano contendersi il lavoro con i cinesi e i giapponesi, che incominciarono ad arrivare in maniera massiccia.

Gli italiani che arrivavano in Latinoamerica, sentirono le mancanze della loro terra, le loro origini e “non erano più di qui, ma non erano più di là”: molti Italiani hanno dovuto dimenticarla1. Ma moltissimi altri italiani che tra meta dell’800 e l’inizio ‘900 provenivano dal Piemonte, la Lombardia, Veneto, Italia centrale e meridionale, concentrarono a Lima e nelle zone limitrofe: il Callao, Barranco, Miraflores, Chorrillos, comprese nel perimetro urbano di Lima alla ricerca di lavoro e del proprio posto, in cui vivere e realizzare i sogni, trascinando con sé valigie piene di sogni, dialetti, ricordi e soprattutto il cibo. Dall’arrivo e con l’idea di lavorare nelle colonie agricole e dalla scarsa possibilità lavorative nell’agricoltura moltissimi Italiani decisero di intraprendere l’attività di “pulpero” che si diffuse molto velocemente, e da registro del 1863 resulta che solo a Lima ci furono 500 quelle italiane. Ma la Colonia di Chanchamayo fu l’unica colonia agricola Italiana (1875), che dopo abbandonarono trasferendosi nei dipartimenti della Liberta, Arequipa, Ica dove si dedicarono all’attività agricola. 

La bravura e l’ostinazione italiana furono le regole, dedicandosi anche all’artigianato e l’industria vitivinicola, creando negozi, empori: soprattutto le pulperíe dove si vendeva di tutto, quelle di «Canevaro» furono le più diffuse situati negli “angoli della strada” dove si vendeva di tutto dai generi alimentari, ai vestiti, liquori ecc.; luoghi che si trasformarono in centri amicali dove si stabiliva una vera relazione di amicizia con i clienti, soprattutto con i connazionali, «botteghe che caratterizzarono il paesaggio urbano di Lima» divenendo proverbiale la figura dell’Italiano della esquina2. Un’altra attività fu quella dell’ortolano, secondo una ricerca quasi tutti gli orti furono coltivata dagli italiani, che portarono grandi quantità di verdure europee presenti nel mercato di lima, “Cavolfiore” i “cavolini” gli spinaci, barbabietole, il sedano, carciofi, ravanelli, lattuga, soprattutto una varietà importante di Uve ecc. 

Nonostante le difficoltà storiche, si apprende che il signore Boggio dal suo arrivo in Perù lavora inizialmente come operaio in una bottega, nel 1899, possa le basi di quella che sarebbe diventata la più importante fabbrica di tessuti di lana del Perù, la «Santa Catalina», disponendo dei macchinari provenienti dalla fabbrica di piacenza, di Pollone a Vercelli. Vi e da segnala che nella esposizione di Torino del 1898 gli Italiani all’estero, si indica la presenza di un “antico operaio di Pollone, nel Biellese, il signore Boggio3, che con tenacia e iniziative di produttore esponeva i tessuti e le maglie di lana prodotte nello stabilimento di «Santa Catalina» di Lima nel Perú da lui creato. Invece nel 1897. Nel 1897 dalla storia migratoria si apprende che il signore Soldi (di Ovada), si imbarcava in un pirografo verso il Perù, per dedicarsi alla produzione di vino e grappa. In quella zona si stabilirono svariate aziende vinicole, creandosi le botteghe di vini, aguardiente e di «Pisco» nelle zone del sud di Lima. 

Intere famiglie italiane dedicate alla produzione di vini pregiati e di esportazione di vini, come la famiglia “Queirolo” parti da Genova, per stabilirsi in Perù nel quartiere storico di Pueblo Libre, fondando la cantina Queirolo nel 1880. Oggi la terza generazione ha modernizzato la produzione di vini di altissima qualità e varietà, deviranti dai vitigni molto particolari, come la Italia, la “criolla”, “negra”, “moscatel” e “quebranta”. In riferimento alla produzione del pisco del Perú non ha paragoni nel mondo, dovuto alla ricetta originale e la rigida disciplina di produzione del pisco del Perù, per la sua elaborazione sono dedicate tre etichette del pisco, il “quebranta”, “L’acholato”, e “l’Italia”, ognuna con le sue caratteristiche che la rendono perfetta per essere degustata, lisce ghiacciato con qualche cubetto o mescolata all’interno del celebre “Pisco Sour”. 

Invece accanto alla fiorente economia della comunità italiana nacquero vere e proprie istituzioni fondate dalla comunità come il Banco Italiano nel 1889, assieme nasceva la “Compagnia di Pompiere” il club Italiano, “La società Italiana di beneficenza”, “La compagnia assicurativa Italiana”, la “Società Italiana di Istruzione”. Il cambio sociale più significativo fu dalla comunità italiana di Tacna, godeva di una maggior coesione e organizzazione tanto che tra 1800 e i primi dell’900 fondarono varie istituzioni e varie “società a beneficia” e di mutuo aiuto”, frodando «Il Sindacato Unico di trabajadores del Perú», e la “Confederazione Nazionale di lavoratori del Perú” moltiplicandosi in tutta l’America latina.

  1. Giorgio Calabrese.
  2.  L’italiano dell’angolo.
  3. Giunse al Perù nel 1873.

Elva Collao

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